In un discorso che stavo procrastinando da questa estate meditando su una riflessione che mi era venuta in mente visitando il Museo di Scienze Naturali di Bruxelles, uno dei più importanti in questa categoria, lasciavo andare libero il mio pensiero. La cosa che mi aveva stupito (se non sconvolto) era la quantità di elementi didattico-interattivi presenti in ogni angolo del museo.
La riflessione era sulla didattica museale e su quanto questa sia differente fra musei di diverso tipo, ma soprattutto "perché".
Questo è ciò che tratteremo oggi, anche se cercherò di non essere troppo logorroico nel farlo (non ci credo nemmeno io).
La settimana scorsa mi ritrovo a vedere su youtube un piccolo pezzo di un episodio de "I griffin", la serie animata. Mi aveva colpito il titolo che recitava "Peter al museo". Perfetto, apriamolo e vediamo un po'.
Nell'episodio Peter si ritrova, per varie vicissitudini, ad essere fuori città e a visitare un museo (un museo classicissimo, statue, dipinti e tutto il resto). Entrando, la prima, e unica cosa, che chiede al personale di sala è "salve mi scusi, devo toccare tutto qui vero?", e naturalmente gli viene risposto che no, non può toccare nulla, e allora Peter dice la cosa che mi fa scattare la scintilla per riprendere l'argomento e finalmente parlarvene, dice "ah ok, mi scusi, sà com'è non sono mai stato in museo per adulti, sono abituato ad accarezzare le stelle marine".
Ecco che Peter riassume in uno sketch di pochi secondi tutto il pensiero nato quel giorno al Museo di Scienze Naturali a Bruxelles. Perché nel suo scherzare aveva assolutamente ragione, in parte almeno.
Chiaramente al Museo di Scienze Naturali non puoi toccare tutto, specie gli animali imbalsamati, rischiano sia di rovinarsi sia di scatenare reazioni allergiche, considerato anche che la quasi totalità della collezione deriva dalle campagne coloniali della prima metà del '900.
Ma è vero che ogni angolo del museo ha giochi, elementi interattivi, macchinari, tavoli, plance e chi più ne ha più ne metta.
Ricordo addirittura una sala dedicata interamente a dei giochi da fare in famiglia, molto semplici e da completare solo con la cooperazione genitore-bambinə.
Prima di entrare in questa sala speravo che tutti quegli elementi fossero in effetti per tuttə, e mi dispiaceva essere l'unico a provare ogni singolo gioco, insieme allə bambinə naturalmente. Mi sentivo un po' come se solo io e un altro paio di persone ci fossimo concessi il privilegio di giocare al museo. Quando però sono entrato in questa sala così esplicita ho capito che in realtà l'offerta didattica passiva (strumenti o elementi che non richiedono la partecipazione attiva di personale) era pensata specificamente per un pubblico di piccolə. In un secondo momento ho poi valutato che anche l'offerta didattica attiva, laboratori, visite e altro, era indirizzata allə bambinə o alle scuole.
Qui il mio cervello scoppia, era come se questo museo avesse settato uno standard per la didattica per sé e i musei intorno, la didattica, il gioco, interessa principalmente lə bambinə, quante volte ce lo sentiamo dire ormai. Anche quando vediamo attività "gioco" indirizzate ad adulti sono solitamente molto più complesse, sono realizzate espressamente per loro e loro soltanto, unə bambinə farebbe una grandissima difficoltà a star dietro a quelle attività. Eppure giocare, lo sappiamo benissimo, è una cosa che si può fare ad ogni età, e se fosse veramente così i giochi dovrebbero essere per tutte le età con poche eccezioni che si allineano ad un preciso target.
Una delle cose che penso sempre quando sviluppo attività didattiche, siano esse per bambinə o adultə, è chiedermi se quest'attività la farei anche io, specie quando rifletto ad un pubblico più piccolo. È fondamentale comprendere che da questo punto di vista siamo tuttə uguali, cambia solo il registro con cui dare quelle poche informazioni per iniziare a giocare, e anche in quel caso solo una piccola fascia d'età ha bisogno di questo registro diverso, ogni altro caso è analogo a sé e richiederà approcci diversi a seconda di chi si ha davanti.
Arrivato a questo punto la riflessione primaria mi mette nello sconforto, non solo esiste una didattica per bambinə e una per adultə ma esistono anche musei che rispettano questa triste divisione. Andando in un museo di storia antica, archeologico o semplicemente d'arte, tutte le accortezze didattiche che il museo di scienze realizza per il giovane pubblico...spariscono. Sembra quasi che visto che in un museo d'arte sono invitati anche (e soprattutto) lə adultə, che "ovviamente" non devono giocare, e tutta la sezione didattica, che per quanto possa essere selettiva è comunque INCREDIBILE, sia andata perduta. Avviene perché nel museo d'arte lə adultə sono il pubblico principale? Perché lə adultə non possono giocare? O peggio ancora perché nel museo d'arte non si può giocare ma solo "osservare"? Lə bambinə quindi che ruolo avrebbero in questi musei? Qualunque sia l'ipotesi presa in considerazione è chiaro che il loro posto in questi luoghi è spettacolarmente marginale, relegato alla visita scolastica o al laboratorio didattico di turno, azioni che nel primo caso sono pilotate quasi sempre dal bisogno di fatturare in modo intelligente.
Ultimamente ascoltando le parole di una responsabile di un dipartimento didattico in un noto museo di Napoli non è emerso che questo, la qualità e il perché su determinati servizi offerti restava nell'etere, chiedersi perché facessero dei laboratori dove lə bambinə dovessero compilare dei quiz era inutile, l'importante era che la richiesta era altissima. Triste ma vero, l'educazione nei musei italiani è questa (con le dovute, poche eccezioni), e solo noi possiamo cambiarla, insieme.
In ultimo, l'altra riflessione che scaturisce di seguito, in parallelo a quanto appena detto sullə bambinə, è che lə adultə a quanto pare non possono giocare, al massimo il genitore, ma solo perché ha dei cuccioli d'uomo con sé. L'adultə non ha uno spazio didattico né al museo di scienze né al museo d'arte, e se nel primo può appropriarsi di molti strumenti didattici più "aperti" (mi viene da pensare al piccolo trespolo in ferro che chiedeva all'adultə di "appendersi" per capire il punto di vista delle scimmie") nel secondo caso la totale assenza gli impone di rientrare strettamente in ciò che ci si aspetta da un adultə medio, guardare, osservare, giudicare, sembrare intelligente e interessato ma senza mai sbottonarsi. Anche l'offerta didattica è solitamente (non sempre) pensata sottoforma di visita, impossibile giocare, se l'attività laboratoriale osa tanto magari si spinge più su una dimensione" terapeutica", quindi restando nella fattispecie sacrale e mistica, proprio come la venerazione che ci si sente in dovere di restituire alle opere del museo.
E se il museo fosse didattico, come diceva Lina Bobardi, perché non può esserlo indiscriminatamente?
Bibliografia consigliata:
Il museo come esperienza educativa, Severo Cardone e Marta Masi
Codice etico dell'ICOM
Arte come esperienza, John Dewey
Che cosa vedi?, Annachiara Cimoli
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